
Nei primi decenni del Novecento l’osteopatia stava pazientemente costruendo una base di conoscenze straordinariamente moderna, fondata su osservazioni legate a pressioni, drenaggi, membrane e risposte neurovegetative.
E tutto ciò accadeva molto tempo prima di Sutherland.
All'inizio del secolo George A. Laughlin pubblica studi clinici sul *Journal of Osteopathy* descrivendo pazienti con segni di congestione intracranica e collegando i sintomi a postura cervicale, respirazione, ritorno venoso giugulare e qualità dei tessuti molli del collo.
Non faceva riferimento alla mobilità delle ossa craniche ma si concentrava su pressioni e meccanismi di adattamento.
Per Laughlin, il cranio era parte integrante di un sistema di drenaggio, non un contenitore rigido e chiuso.
Un approccio che si avvicina notevolmente alla fisiologia contemporanea.
Negli stessi anni Louisa Burns avvia i primi studi sperimentali sui riflessi viscero-somatici e somato-viscerali e nel 1907 dimostra come le afferenze viscerali entrassero nel midollo attraverso le radici posteriori e come gli stimoli somatici influenzassero il funzionamento degli organi tramite il sistema simpatico.
Pur senza contemplare il cranio nel suo lavoro, Burns definiva circuiti autonomici che, un secolo dopo, utilizzeremo per comprendere come stimoli sul cranio possano modulare respiro, frequenza cardiaca e tensioni interne.
Tra i protagonisti del periodo spicca anche C.A. Whiting, attivo tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento, che trattava il ruolo delle membrane, incluse la falce e il tentorio, nella distribuzione delle tensioni e nel drenaggio cranico.
I suoi contributi sono disseminati in varie pubblicazioni dell’American School of Osteopathy dedicate ad anatomia e fisiologia, senza avanzare teorie sul craniale ma sottolineando che le membrane non sono strutture passive.
Tra il 1910 e il 1925, gli opuscoli dell’A.T. Still Research Institute riportano ricerche su lesioni vertebrali, microcircolazione, influenza della postura sulla fisiologia interna e modulazioni della pressione intracranica in relazione al respiro e alla dinamica cervicale.
Si trattava di una ricerca agli albori ma concreta, con osservazioni empiriche su congestione, variazione delle pressioni e cambiamenti nel flusso perfusorio.
Sebbene espresso in un linguaggio diverso dal nostro quanto emergeva era che la pressione intracranica oscilla, si adatta e risponde a stimoli specifici.
Quando Sutherland fa il suo ingresso sulla scena osteopatica, non crea qualcosa di nuovo.

Reinterpreta concetti che la fisiologia aveva già delineato: membrane che si rilasciano o si tendono, drenaggi che variano, pressioni influenzate da postura e respirazione.
Il suo contributo innovativo fu spostare l'attenzione dall'osservazione esterna alla percezione palpatoria.
E oggi?
La domanda se “il cranio si muove” appartiene ormai al passato.
Nel 2025 la letteratura medica si concentra su altre aree: dinamica del liquor, modulazione venosa, il ruolo dei setti durali, impatti posturali sui flussi intracranici e interazioni tra respirazione e pressioni interne.
È la fisiologia a guidare questo discorso… la stessa fisiologia che Laughlin, Burns, Whiting e i ricercatori di Kirksville iniziarono a esplorare più di cento anni fa.
Vale la pena guardare indietro non per confermare un modello preesistente ma per riscoprire le domande essenziali con l'obiettivo non di giustificare delle tecniche bensì comprendere che il cranio è realmente parte integrante di un sistema complesso fatto di pressioni, membrane e funzioni neurovegetative, continuamente influenzato da ogni variazione di postura, respirazione e drenaggio.
In fondo ciò che davvero importa è imparare a percepire quali pressioni si stanno modificando, quali membrane stanno adattandosi, quali percorsi di drenaggio sono attivi, e perché un sintomo che origina “nella testa” trovi spesso soluzione in un punto lontano.
La fisiologia esisteva già prima di noi e non segue ideologie.
Sta a noi imparare a decifrarla nuovamente.